domenica 21 agosto 2011

CORRIERE DELLA SERA 21.08.2011: "Se uno spot usa il corpo delle bambine"

Se uno spot usa il corpo delle bambine
di Daniela Monti

Guardando le foto della bambina pettinata come Amy Winehouse, semidistesa su una poltrona bianca, modellina per una nuova linea di biancheria intima per bimbe da 4 a 12 anni, che cosa urta di più? Perché un pugno nello stomaco quella foto lo è, lo sappiamo tutti.
Urta il fatto che non sia un gioco: non è la solita bimba che mette per scherzo le scarpe della mamma – la mia nipotina, dieci anni, ha il mio stesso numero di piede e si diverte a pavoneggiarsi per casa con i miei tacchi dodici.
Urta il fatto che la bambina non sappia minimamente ciò che sta facendo: è senza difese, senza scelta. Guarda di sottecchi, una gamba leggermente accavallata: è lei il giocattolo.
Ma il corpo di un bambino non è mai un giocattolo.
Eppure se immagini come questa tornano in modo ricorrente vuol dire che c’è qualcosa di violento che spinge, che forza la mano, che, a furia di mostrarceli, vorrebbe convincerci che, in fondo, non c’è niente di male in certi scatti, «oggi si diventa grandi prima».
Quello dell’infanzia e dei tweens — non più bambini, non ancora adolescenti — è del resto un mercato tutto da arare e che promette bene: perché rinunciarci? Così se bambine di sei anni ora si metteranno a fare i capricci per avere il loro completino intimo con pizzi e laccetti significherà che l’operazione ha fatto centro.
Ma in gioco, qui, c’è molto più di un qualche ritorno economico.
C’è quello che l’economista londinese Catherine Hakim ha chiamato il «capitale erotico», quel potenziale di bellezza ed attrazione che ciascuno possiede e che è in grado, se alto, di assicurare i posti di lavoro e gli stipendi migliori, uniti ad un’intensa vita sociale. Il libro della Hakim, «Honey Money: The Power of Erotic Capital», sta già facendo molto discutere. Ma a chi giova che le donne investano sul loro «capitale erotico» fin da bambine? Non certo alle donne stesse.
Non certo a donne che vogliono crescere libere, pensando alla parità e alla dignità come valori. La bimba che, in intimo firmato, ci guarda dalla pubblicità racconta, una volta di più, del nostro male di vivere.

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